“La sirena chiama otto ore
così è da una vita
timbri un altro giorno tiri avanti
senza via d’uscita
i dialetti soffocati
nel regno del rumore
al reparto verniciatura
non passano le ore…”
Gang – Sesto San Giovanni
La fabbrica, la boita, il lager… Ma c’è fabbrica e fabbrica, distinguete sempre dalla fabbrica con catena di montaggio al resto, io l’ho sentita chiamare in tanti modi, l’ho vissuta, l’ho lasciata dopo soli tre anni senza rimpianto.
Nel 1993, fresco fresco di diploma di ragioneria sono entrato alla Iar di Ticineto, molti a Casale pensano che Iar Siltal di Ticineto e Iarp di Casale fossero le due facce della stessa medaglia, ni: ossia un po’ si un po’ no. Molti altri pensavano (pensano) sia la stessa identica cosa, oddio il sistema di cose è lo stesso: entri, timbri, corri dietro a frigoriferi che corrono su una catena di montaggio per tutta la giornata, lasci giorno dopo giorno un po’ della tua vita per fare spesso un lavoro faticoso, ripetitivo, logorante e spesso privo della benché minima soddisfazione, il tutto per avere ogni fine mese una busta paga che ti permetta di tirare a campare dignitosamente e qualche settimana di ferie all’anno.
E intanto gli anni passano, non acquisti minimamente professionalità (curriculum: da 15 anni metto 4 viti ai carrelli ogni 8 secondi , da 20 anni mette i fondi di lamiera ogni 15 secondi, da 7 anni piego e inserisco le scocche ogni 12 secondi…) e un giorno scopri che la tua ditta è in crisi: il mercato globale, i costi della manodopera (ops, sono io, quello che dopo anni che lavoro porto a casa 1.000 euro al mese, è colpa mia!) , qualche scelta sbagliata….
E ti accorgi che il tuo distretto industriale, che fino a pochi anni fa faceva invidia e attirava lavoratori da Alessandria e Vercelli, e la tua città ti ignorano. Arriva la cassa integrazione (“Ma tanto sono pagati e prendono lo stipendio lo stesso, no?” Le balle!) e vedi che a Terni, Melfi e in altri posti quando si ferma o rischia di fermarsi un posto che coinvolge 400 (quattrocento!) famiglie in una città di 35.000 anime succede una mezza rivoluzione: si fanno scioperi, cortei per le vie cittadine, le curve del calcio cittadine manifestano solidarietà alle famiglie dei lavoratori, si bloccano strade, ferrovie…qua tranne gli organi istituzionali (amministrazione comunale, sindacati ) tutto tace.
E intanto Ciso emigra a Novara e concorda il licenziamento, non riesce più a pagarsi l’affitto e le spese in cassintegrazione.
E Mario stringe i denti, in famiglia lavorano anche il figlio e la moglie, si rinuncia alle vacanze, alle uscite, ci si arrangia ma a 45 anni chi ti prende?
E Cecco ogni mattina esce, prende il giornale e aspetta che la giornata passi, a 47 anni vive ancora in casa dei suoi, almeno una famiglia da mantenere non c’é.
E Paolo vede il suo matrimonio fallire, “Come te”, gli viene detto: “Sei un fallito”.
E come loro altri se ne vanno, altri stringono i denti, altri sprofondano poco a poco nella depressione.
Adesso sembra che quest’incubo volga al termine e la sirena tornerà a suonare ogni mattina alle 8.00: ma perché, CASALE, li hai lasciati soli in questi quattro fottuti, maledetti, devastanti anni?
4 commenti:
grazie luca (si, vabbè, adesso non te la tirare tropoo...) per avermi riportato coi piedi per terra. da ex operaio iarp (per 8 anni e 1/2...) ti prometto un commento pìu con calma
Com'era quella canzoncina che cantavi qualche anno fa? Ah si, ricordo:
"Come mai, come mai, sempre in culo agli operai."
Io la canto ancora...
Ho sempre avuto la fortuna di respirare "l'ossigeno" degli uffici ma ho sempre vissuto con i soldi e lo spirito di un operaio...NON MOLLATE MAI!
BELLA LI!!!
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