domenica 10 ottobre 2010

Cinghiale: problema o risorsa?

Nel lontano aprile 1985 la rivista Airone edita da Mondadori pubblicò un articolo di ben 27 pagine (a firma di Luigi Boitani) sugli ungulati. Considerata l'attenzione rivolta all'ungulato, la sua presenza certamente ha destato non pochi problemi nelle zone di passaggio, tanto è vero che in alcuni casi le polemiche di agricoltori arrivano ad assumere i toni di un bollettino di guerra e qui da noi ne sappiamo qualcosa.
Il cinghiale in Italia è uno dei pochi mammiferi in netta espansione dal Piemonte all'Aspromonte ed in alcuni casi si parla di una vera e propria invasione ungulata, tanto da costituire un problema sia per le coltivazioni agricole sia per gli ambienti naturali.

Mappa indicante la presenza di cinghiali (zone verdi).

Difatti ricercando radici, tuberi, nidi e tane, il cinghiale compie una vera e propria opera di scavo e di aratura del terreno, forse uno dei segni che più tradiscono la sua presenza. Il disco terminale del muso del cinghiale è rinforzato all'interno da una cartilagine durissima ed è molto mobile grazie ad una potente muscolatura: grazie a questa cartilagine riesce a scavare buche profonde sino a 15 centimetri sollevando pietre alla ricerca di larve. Però il predetto lavoro di aratura può essere anche benefico per il terreno perchè così viene aerato, però ovviamente i benefici arrivano se gli scavi avvengono entro certi limiti, pena la mancata ricrescita di coltivazioni e del bosco.
Gli scavi sono dovuti per necessità alimentari, molto spartane per i cinghiali, che forse rappresentano la specie più onnivora: mangia dall'erba a resti di animali morti, da insetti ai topi che trova scavando nella terra. Castagne e ghiande, i cibi preferiti, forniscono invece il massimo contenuto energetico per unità e quindi vengono continuamente ricercate così come campi di mais e cereali.

Giovane cinghiale maschio. Il mantello dei cinghiali italiani ha un colore variabile dal nero al marrone rossiccio, talora anche biondo.

I danni arrecati all'agrucoltura non sono storia solo attuale ma addirittura secolare, risalente al periodo in cui ai contadini fu vietata la caccia perchè la selvaggina era piena esclusiva dei signori. Tra questi il francese Filippo il Bello nel 1311 risarciva i confinanti delle proprie foreste, indovinate per cosa? Per i danni dei cinghiali. Nel 1553 il principe Maurizio di Sassonia stabilì nel suo testamento che venissero rilasciati 2.000 talleri ai propri sudditi quale indennizzo per i danni causati da selvaggina, in particolar modo dai cinghiali. Somme elargite per lo stesso motivo di quelle date attualmente dalle province agli agricoltori.
Molte regioni del centro Italia, in particolar modo lato tirrenico (vedi cartina sopra), convivono con tale problema; non solo in centro, ma partire dal basso Piemonte sino alla Calabria, esclusa la sua estremità. E' assente in Sicilia, presente invece in Sardegna. Sul versante adriatico è possibile trovare alcuni esemplari sul Gargano (Foggia), altrimenti in altre zone la sua presenza è considerata accidentale.
Finisce così la prima puntata, presto la seconda ed ultima.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Cazzo si lamentano da noi, fossero in toscana allora...

Anonimo ha detto...

RISORSA!!!

Anonimo ha detto...

A grosseto nelle zone in cui inizia la campagna, m'han detto che son presenze abituali la notte, non si spaventano manco gli automobilisti, sanno dove sono i passaggi (in alcuni punti pure segnalati) e rallentano apposta