Rimanendo in tema di derby, è di qualche giorno fa la dichiarazione di papà Sandri (papà di Gabbo) di voler affrontare la prossima stracittadina della capitale in maniera diversa, fra le pieghe della rete abbiamo trovato questi curiosi aneddoti di Giancarlo Governi, tifoso storico laziale.
«La famiglia Sandri in Curva Sud a vedere il derby come una volta. Sarebbe una cosa bellissima e, a mio modo di vedere, assolutamente fattibile». Giancarlo Governi, laziale doc, è entusiasta all'idea di poter tornare, almeno per una volta, ad assistere a scene che appartenevano al calcio di 40 anni fa. Quando a vedere Roma- Lazio ci si andava, e la si vedeva, insieme ai rivali, tra sfottò e chiacchierate. «E' possibile tornare a quei tempi, soprattutto in questo momento. Perché la morte di Gabriele ha unito gli animi. E' riuscita a fare quello che non riuscì con la morte di Paparelli. Questo ragazzo lo hanno pianto tutti. Chi è stato a Badia al Pino e ha visto quella montagna di sciarpe dei tifosi di tutta Italia può capire bene».
Ma come erano i derby degli Anni 50 e 60?
«Beh, io a riguardo ho addirittura scritto una cosa... Si chiamava "il derby della frittata"».
Frittata?
«Sì, perché noi ragazzi laziali andavamo a vedere la partita insieme ai romanisti. Ci mischiavamo. Tanti sfottò, qualche piccola lite. Ma il vero punto di divisione era la frittata. Si perché il panino tipico dei romanisti era quello con la mortadella, mentre il nostro capo tifoso diceva che era da muratori. E quindi noi per distinguerci da loro, dai romanisti, mangiavamo i "borghesi" panini con la frittata. Ma vi confesso che io preferivo la mortadella».
E rispettavate tutti la "dieta" da derby?
«Una volta ci fu baruffa perché al nostro capo rubarono pane e frittata. Noi dicemmo che erano stati i romanisti... ma ho ancora il dubbio che in realtà fu qualche laziale preso da un attacco di fame».
Di che anni stiamo parlando?
«Degli anni '50, i primi dello stadio Olimpico».
Adesso è tutto cambiato.
«Sì. Quando parlo con i giovani di oggi sento in loro un astio che noi non conoscevamo e che non apparteneva neppure ai ragazzi degli anni '60 e forse neanche a quelli dei '70. Per noi il calcio era sempre un gioco, non un segno "bellico" di appartenenza. Oggi ai giovani non si offre più niente, e il calcio è diventato l'unica forma di ribellione. Ai conservatori fa comodo che non ci sia una vera ribellione».
E' dappertutto così?
«In Italia sì. Una volta a Brescia fui costretto a lasciare la Tribuna d'Onore per aver fatto un gesto di gioia ad un gol della Lazio. In Spagna invece è diverso. Ero al Bernabeu poco tempo fa, in mezzo ai madrileni. E sono stati tutti gentili. Ero in mezzo a un "branco di amici"».
Sorpreso dalla voglia/richiesta di papà Sandri?
«Una straordinaria proposta che viene da un uomo eccezionale. Anche il fratello è uno che fa discorsi molto pacati. Una famiglia straordinariamente civile. Mancano tre mesi al derby. Se si inizia adesso si può fare una grande cosa».
Ma come erano i derby degli Anni 50 e 60?
«Beh, io a riguardo ho addirittura scritto una cosa... Si chiamava "il derby della frittata"».
Frittata?
«Sì, perché noi ragazzi laziali andavamo a vedere la partita insieme ai romanisti. Ci mischiavamo. Tanti sfottò, qualche piccola lite. Ma il vero punto di divisione era la frittata. Si perché il panino tipico dei romanisti era quello con la mortadella, mentre il nostro capo tifoso diceva che era da muratori. E quindi noi per distinguerci da loro, dai romanisti, mangiavamo i "borghesi" panini con la frittata. Ma vi confesso che io preferivo la mortadella».
E rispettavate tutti la "dieta" da derby?
«Una volta ci fu baruffa perché al nostro capo rubarono pane e frittata. Noi dicemmo che erano stati i romanisti... ma ho ancora il dubbio che in realtà fu qualche laziale preso da un attacco di fame».
Di che anni stiamo parlando?
«Degli anni '50, i primi dello stadio Olimpico».
Adesso è tutto cambiato.
«Sì. Quando parlo con i giovani di oggi sento in loro un astio che noi non conoscevamo e che non apparteneva neppure ai ragazzi degli anni '60 e forse neanche a quelli dei '70. Per noi il calcio era sempre un gioco, non un segno "bellico" di appartenenza. Oggi ai giovani non si offre più niente, e il calcio è diventato l'unica forma di ribellione. Ai conservatori fa comodo che non ci sia una vera ribellione».
E' dappertutto così?
«In Italia sì. Una volta a Brescia fui costretto a lasciare la Tribuna d'Onore per aver fatto un gesto di gioia ad un gol della Lazio. In Spagna invece è diverso. Ero al Bernabeu poco tempo fa, in mezzo ai madrileni. E sono stati tutti gentili. Ero in mezzo a un "branco di amici"».
Sorpreso dalla voglia/richiesta di papà Sandri?
«Una straordinaria proposta che viene da un uomo eccezionale. Anche il fratello è uno che fa discorsi molto pacati. Una famiglia straordinariamente civile. Mancano tre mesi al derby. Se si inizia adesso si può fare una grande cosa».
11 commenti:
Che bell' articolo, mi vengono i brividi.
grazie NUOVO CINGHIALE
Altri tempi, meno tensioni, meno interessi e soprattutto meno politica sugli spalti...
meno soldi alle tifoserie
Forza neri olè!!!!
Non mi risulta che ci sia mai stata una lira...
Forza ragazza, ancora un piccolo sforzo e siamo ai playofff....dai su spingi....spingi......spingiiiiiiiiiiiiiiiiiii......
Fatto sta che questo genere di notizie vengono trattate solo ed esclusivamente da questo blog. Quindi onore a chi lo porta avanti, bravo nuovo cinghiale
Nico
Avete poco da fare gli spiritosi, con il buon giulio detto anche 'il migliore', a quest'ora avremmo gli stessi punti della biellese.
giulio si che la sapeva lunga, altro che cazzi
giulio torna ti pregoooooooo
Ho una strana sensazione di dejà-vu....
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/tifosi-morto
-2/sandri-perizia/sandri-perizia.html
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